Paragon smentisce il governo Meloni: “Ha coperto gli spioni”

Il dossieraggio contro attivisti e giornalisti
L’azienda produttrice del trojan usato contro Fanpage e Casarini rivela: “Abbiamo rotto il contratto perché l’Italia si è rifiutata di individuare i responsabili”

Quando sembrava tutto “risolto” sul caso Paragon, ecco arrivare il colpo di scena direttamente dall’azienda israeliana di software spia che rimette tutto in discussione ed apre scenari che ricordano molto da vicino la Germania dell’Est. La scorsa settimana, all’unanimità, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) presieduto dal dem Lorenzo Guerini aveva approvato una relazione secondo cui il governo italiano aveva intercettato mediante il trojan Graphite prodotto da Paragon “esclusivamente” i componenti della Ong Mediterranea saving humans, fra cui Luca Casarini.
Le intercettazioni erano durate ben cinque anni e con quattro governi diversi. Essendo ascolti “preventivi”, non disposti dalla magistratura ma dai Servizi, la loro durata poteva essere infatti illimitata. Il governo, come si poteva leggere nel testo della relazione, non aveva invece intercettato i giornalisti di Fanpage, ad iniziare dal direttore Francesco Cancellato che, al pari di Casarini aveva ricevuto un messaggio da Meta con cui veniva avvertito che il suo cellullare era stato infettato. Ieri, come detto, ecco il colpo di scena. Con una nota inviata al giornale israeliano Haaretz, Paragon ha fatto sapere di avere offerto “sia al governo che al Parlamento italiano un modo per determinare se il suo sistema fosse stato utilizzato contro il giornalista in violazione della legge italiana e dei termini contrattuali”. “Poiché le autorità italiane hanno scelto di non procedere con questa soluzione, Paragon ha risolto i suoi contratti in Italia”, prosegue quindi la nota.
La domanda è spontanea: perché il governo si è rifiutato di conoscere chi avesse utilizzato il software che egli stesso aveva in precedenza acquistato, essendo Paragon fornitore esclusivamente di istituzioni pubbliche e non di privati? Forse perché i Servizi segreti italiani spiano anche i giornalisti, come accadeva nella Germania dell’Est? La circostanza, se confermata, è di una gravità inaudita anche perché la relazione del Copasir descrive ben altro. “A seguito del clamore mediatico suscitato dalla vicenda, il 14 febbraio 2025 Paragon, AISI e AISE hanno concordemente deciso – secondo quanto chiarito in sede di audizioni al Comitato – di non impiegare, dunque di sospendere temporaneamente, le capacità del software Graphite su nuovi target rinviando ogni decisione all’esito di approfondimenti da parte del Comitato parlamentare e dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Nel corso delle audizioni è stato peraltro specificato che la durata di tale sospensione sarebbe stata determinata in relazione agli esiti dell’approfondimento svolto dal Comitato e oggetto della presente relazione. In occasione dei sopralluoghi effettuati dal Comitato presso le Agenzie, è stato precisato che, successivamente alla sospensione, si è addivenuto alla decisione di rescindere comunque il contratto con Paragon”, si legge nella relazione del Copasir. Una narrazione che fa dunque a pugni con quanto riferito da Paragon.
Immediate, ovviamente, le reazioni politiche. “Dopo le dichiarazioni di Paragon il governo non ha più alibi e deve riferire in Parlamento. L’azienda israeliana si era resa disponibile a collaborare per chiarire chi, in Italia, avesse utilizzato il software Graphite e contro chi fosse stato impiegato. Ma il governo Meloni ha detto no. Ha scelto consapevolmente di non collaborare, impedendo che emergessero i nomi degli ‘spioni’ e delle vittime della sorveglianza. Perché?”, ha affermato Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde. “Perché il governo ha deciso di opporsi a un’operazione di verità? Perché questo aspetto cruciale non compare nella relazione del Copasir? Che cosa si vuole nascondere agli italiani? Sono domande che inquietano profondamente, e che chiamano direttamente in causa la trasparenza delle istituzioni democratiche”, ha quindi aggiunto Bonelli.
Durissimo l’ex premier Matteo Renzi: “È possibile sapere chi ha spiato i due giornalisti diFanpage? E con quale giustificazione è stato monitorato il cappellano della Mediterranea, don Mattia Ferrari, simbolo dell’impegno umanitario nel Mediterraneo? Parliamo di sorveglianza ai danni di cittadini che esercitano il diritto all’informazione e alla solidarietà. È un fatto inaccettabile in una democrazia”. “Giorgia Meloni – prosegue Renzi – sta distruggendo lo stato di diritto in Italia. Gli esempi sono numerosi ma la vicenda Paragon è uno dei più gravi. Lo spionaggio illegittimo di un giornalista pone all’attenzione dell’opinione pubblica italiana e internazionale una questione enorme che Giorgia Meloni e il suo fido sottosegretario Alfredo Mantovano stanno cercando di insabbiare in modo scandaloso. Chiederemo che si faccia chiarezza in Parlamento (e non al Copasir) su questo Watergate all’italiana”.
Nel frattempo la Federazione nazionale della stampa ha chiesto di essere ricevuta dalla Procura di Roma. Silenzio invece da parte del governo e della maggioranza. C’è solo da sperare che Palazzo Chigi, per “uscire” dall’angolo in cui si è cacciato, forse per salvare i vertici dei Servizi, non decida di mettere il segreto di Stato su tutta la vicenda. Una pietra tombale che difficilmente il presidente della Repubblica potrà accettare.
l'Unità